
"Siamo stufi di fare i tappabuchi" Sit-in dei precari contro la Azzolina
I professori davanti a Montecitorio e sotto il ministero: "Chiediamo di essere stabilizzati"


Niccolò Carratelli
Roma
«Sono un precario delle 18 ore, oh che calvario fare il professore». Un po' rap aggressivo, un po' canzone d'autore, intonata davanti a Montecitorio da un gruppo di giovani docenti. Sono alcune centinaia, arrivati da varie regioni per due sit-in, prima di fronte alla Camera, poi davanti al ministero dell'Istruzione. Al collo hanno cartelli con scritto "non siamo insegnanti usa e getta". Ogni anno presi come tappabuchi e poi scaricati a giugno. Sono quelli dei "36 mesi", da più di tre anni in servizio come supplenti, con l'obiettivo di arrivare prima o poi all'agognata stabilizzazione. È questa la parola magica, quella che scandiscono in coro in mezzo a viale Trastevere, sotto le finestre di Lucia Azzolina. «Lei che quando era insegnante e sindacalista denunciava la vergogna di questo sistema – dice un'agguerrita precaria campana – ora è lei a perpetrarlo». C'è chi prova a dare un consiglio alla ministra: «Visto che molte graduatorie sono esaurite e non riesce ad assumere quanto vorrebbe, potrebbe buttare dentro subito noi», dice provocatoria Stefania Senesi, insegnante di Lettere in provincia di Cuneo. «Le nostre nuove Gps invece sono tutte sballate, a me hanno tolto dei titoli – denuncia – e da quest'anno non si può chiedere la rettifica con posta certificata per riavere i punti,
dovremo fare ricorso al Tar, spendere i soldi e avere ragione chissà quando».
La sensazione ricorrente è la mancanza di rispetto: «Vorrei un percorso che valuti le mie competenze, la mia capacità di insegnare – spiega Alessia Scatena, 40enne di Lucca, professoressa di matematica – questo concorso è solo nozionistico, l'esperienza non conta nulla». Tra l'altro, il concorso straordinario che li riguarda non ha ancora una data: «L'hanno rimandato più volte, ora si parla di ottobre, ma chissà – sospira Andrea Caretti, 45 anni, insegna psicologia a Firenze – Per noi che già lavoriamo e dobbiamo preparare le lezioni, specie se a distanza, il tempo per studiare è poco. Magari arriva un giovane neolaureato e mi frega». A pochi metri lo ascolta l'ex ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, venuto in piazza per dire che lui «voleva cambiare le cose e non gliel'hanno permesso, perché non ha accettato la scarsa volontà di investire sulla scuola». I docenti precari lo guardano perplessi, «è venuto a pontificare», si lascia sfuggire qualcuno. Va peggio, però, al senatore leghista Mario Pittoni, allontanato al grido di «fuori la Lega dalla piazza».
Cavalcare la protesta può essere pericoloso, «perché siamo incavolati e ci sentiamo presi in giro», ammette Enrico Martello, 35enne di Brindisi. Lui è insegnante di musica e non ha gradito nemmeno il no del Comitato tecnico-scientifico alle lezioni di canto, per il rischio droplet: «In classe si può stare in 25-30 tutti insieme, ma non si può cantare – dice – invece servirebbe una massiccia campagna di assunzioni, per far scendere a 15 il numero degli studenti per aula. È questo che dà sicurezza». —